"Noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose e più lontano di quanto vedessero questi ultimi; non perché la nostra vista sia più acuta, o la nostra altezza ci avvantaggi, ma perché siamo sostenuti e innalzati dalla statura dei giganti ai quali ci appoggiamo"
James
Fillis fu un maestro di equitazione di origine inglese, nato a Londra
1834, ma trasferitosi in giovane età in Francia, precisamente a
Parigi dove muore nel 1913.
Cresciuto
in una famiglia di cavallerizzi e acrobati circensi, cominciò a
montare a cavallo a soli 8 anni e, come racconta lui stesso nella prefazione del
suo libro PRINCIPE DE DRESSAGE & D' EQUITATION, quando
c'erano cavalli difficili che opponevano resistenze la sua famiglia
in coro gridava ”Mettete sopra il ragazzino” e
lo facevano montare incuranti dei pericoli, delle frequenti cadute e
dei tanti pianti. Ad ogni caduta prontamente veniva rimesso in sella
e via di nuovo, gambe e frusta. Questi furono i suoi primi passi
nell'arte equestre, un po' brutali ma che gli fecero guadagnare
presto la fiducia, la forza e il coraggio che gli permisero di
diventare un cavaliere intrepido e audace.
A
Parigi lavorò al
circo dei Champs Élysées sotto la direzione di Victor Franconi, ed
è qui che conobbe il metodo Baucher, ricevendo l'istruzione da un
suo diretto allievo François Caron, nipote di Eugène Caron, che fu
écuyer in capo dello Zar di Russia e nonno del futuro generale
Decarpentry. Pur riconoscendo i grandi meriti del maestro Baucher, lo
studiò in modo critico adattando le sue teorie, gli ammorbidimenti e le
flessioni, con ciò che che
lui sosteneva e che divennero i suoi principi:
"La
ricerca dell´equilibrio, della leggerezza nel movimento in avanti,
ovvero nell´impulso, per ottenere attraverso il minimo sforzo gli
effetti più energici"
“L´equilibrio
dato dall´altezza dell´incollatura flessa alla nuca e non al
garrese; l´impulso attraverso dei garretti impegnati sotto il
centro; la leggerezza attraverso la flessione della mandibola: ecco
tutta la mia equitazione ".
Fillis
diventò presto molto famoso per la sua bravura e per le nuove arie
da lui inventate, tra le quali il galoppo all'indietro e a tre gambe,
diede lezioni di equitazione alla migliore clientela francese, tra
cui Gorge Clemenceau (1841 - 1929), che diverrà nel 1906 primo
ministro del governo francese e che cercò di fargli assumere la direzione della scuola di cavalleria di Saumur, ma venne osteggiato dal generale L'Hotte che, pur essendo stato allievo e grande amico di Baucher, riteneva che le tecniche fondamenalmente baucheriste di Fillis non fossero adatte ad istruire l'esercito.
La
sua fama si espanse in tutta Europa, fino alla Russia dove arrivò
con i suoi spettacoli e dove, nel 1898, fu richiesto dallo Zar Nicola
II e nominato écuyer in capo alla Scuola di Applicazione degli
ufficiali della Cavalleria a San Pietroburgo rimanendo fino al 1910.
E'
da ricordare che Fillis studiò una particolare tenuta di redini
detta appunto “presa Fillis” che viene usata anche oggi da molti
dressaggisti tra i quali Philippe Karl.
Ieri sera ho concluso il primo anno di ginnastica Feldenkrais. Un metodo scoperto per caso, ricercando una ginnastica che potesse alleviare i miei dolori alla schiena senza dover rinunciare a ciò che più mi piace fare: montare a cavallo!
Ebbene, non solo ho ottenuto ciò che speravo ma molto, molto, molto di più!
Già dopo poche lezioni non ho più sofferto di mal di schiena pur avendo una situazione abbastanza critica nella zona lombare e sacrale a seguito di una brutta caduta dalle scale. Ho corretto la mia postura, ritrovato l'elasticità nei movimenti, ho imparato a conoscere i mio corpo, come si muove, come reagisce, a sentire se è in tensione o è rilassato... ho imparato a fidarmi di lui e quindi di me stessa.
Il mio equilibrio fisico e mentale sono notevolmente migliorati. Quindi dico:
Feldenkrais per tutta la vita!!!
Interessante è il fatto che ho trovato che questa ginnastica si abbina perfettamente con l'equitazione ed io posso pienamente confermarlo. Da leggere qui !
E' anche alla base del metododi addestramento TTouch di Linda Tellington-Jones, link qui.
Marina, la mia bravissima insegnante, ha concluso la lezione con un momento di rilassamento durante il quale ha letto un brano profondo riguardante i sogni. Il concetto era che i sogni non devono rimanere l'ultimo pensiero della giornata, dopo il lavoro, dopo la famiglia, dopo... dopo ...dopo... per poi rimanere nel cassetto. La frase più significatica che ricordo bene è:
DAI SPAZIO AI TUOI SOGNI
E per rimanere in argomento sogni e cavalli questo bellisssimo video che mio fratello Silvio vedendolo ha pensato a me ... sogni appunto :-)
Dal libro "La grande cavalcata" di Giancarlo Pretini.
La prima parte racconta di Lipizza e dei sui bianchi cavalli mentre in questa seconda l'autore descrive la Scuola di Equitazione Spagnola di Vienna.
Ovviamente, essendo il libro stato stampato nel 1984, alcune cose possono essere diverse oggi, però mi piace immaginarla con il fascino che trasmettono le parole di questo capitolo. Chissà se un giorno....
La "Cavallerizza" di Vienna
La "Scuola di equitazione
spagnola" di Vienna è legata a filo doppio con Trieste, poiché
Vienna era la capitale dell'Impero Austro-Ungarico e perché da
Lipizza, posta appunto nel territorio di Trieste, vi affluivano i
suoi meravigliosi cavalli.
Quella Scuola è del resto anche
intimamente legata al circo, e non è di certo una profanazione,
perché essa resta, dopo secoli di attività continua, l'unico posto
dove ancora si coltiva in modo organico l'Alta Scuola di Equitazione,
certamente con la ferrea disciplina dei regolamenti militari. Sarà
bene ricordare ancora una volta che il circo è nato proprio da un
sottufficiale di cavalleria, l'inglese Philip Astley che a Londra, in
un maneggio circolare, nel 1768, presentò per la prima volta a
pagamento gli esercizi equestri e di alta scuola che aveva appreso e
perfezionato sotto le armi. Quindi si può dire che le esibizioni
alla "Cavallerizza" di Vienna sono in fondo manifestazioni
circensi allo stato puro, così come lo erano agli inizi. E forse è
l'unico esempio di uno spettacolo che ha conservato nel tempo la sua
matrice iniziale incontaminata e che si può ancora godere dal vivo.
Più volte alla settimana e per dieci mesi all'anno, nel maneggio
d'inverno, a fianco dell'ex Palazzo Imperiale di Vienna, i cavalli
Lipizzani si addestrano e spesso vengono date esibizioni complete "in
dressage". In questa grande sala rettangolare, gemma
dell'architettura danubiana dell'epoca, costruita nel 1735, accorrono
a migliaia i turisti ed è una festa degli occhi ammirare le
evoluzioni perfette, sincrone fino allo spasimo, di questi cavalli
bianchi , accostati alle redingotte nere dei cavalieri, mentre
suonano le note del “Bel Danubio blu" di Strauss .Quadriglie,
passi di parata e arie alte, una sinfonia di movimenti di cavalli, di
colori e di musica. E all'esterno una lunga centinaia e centinaia di
spettatori che aspettano il loro turno per entrare. Un successo di
pubblico e di cassetta (il costo del biglietto è alto), da far
invidia ai nostri chapiteaux.
Qualche cosa viene fatto ogni giorno
anche a Lipica, nel nuovo maneggio olimpico coperto (65 x 20 m.),
anche se in forma meno solenne; ma è sempre una gioia profonda
ammirare i miracoli di questi cavalli bianchi.
La scuola militare di equitazione di
Vienna si chiama "spagnola'' perché, fino dall'inizio del 1600,
usava "moreni" dì sangue arabo importati dalla Spagna, ma
l'Alta Scuola che vi si insegna è di origine napoletana, dei tempi
in cui questa parte d'Italia faceva parte dei domini spagnoli.
Le "arie basse" , le "arie
alte" e le principali figure sono state codificate nel 1550 da
Federico Grisone (Federico Griso), in base agli insegnamenti del
Conte Pignatelli che agiva nell'Accademia Napoletana di Equitazione,
databile al 1535, sotto i Borboni. “Gli ordini di cavalcare"
è stato il primo libro di valore stampato sull'equitazione; tradotto
poi in molte lingue. Solo agli inizi del '600 appariva in francese
l'altro celebre libro sull'equitazione, opera di Salamon De La Bruce,
sempre basato sugli insegnamenti del Pignatelli, di cui era stato
allievo. Ed ecco perchè è radicato l'uso per i giochi equestri e
per i cavalli, di adoperare termini francesi, data la grande
affermazione e il grande successo del circo equestre in Francia, fin
dalla fine del '700.
Le "arie basse" sono le
figure fatte a terra e che tecnicamente, in un mondo dove il cavallo
è diventato raro ed è stato soppiantato dalle macchine a motore,
hanno ormai nomi incomprensibili per il grande pubblico. Nei nostri
circhi si preferisce presentarle con il nome dei ballabili. I cavalli ballano infatti il valzer, la polka,
il cha-cha-cha.
Le "arie alte,' sono quelle che
vedono il cavallo staccarsi da terra e saltare immaginari ostacoli.
Esse si possono vedere solo in circhi specializzati nell'impiego dei
cavalli, dove ci siano dei "dresseurs" appassionati e molto
capaci. Infatti un cavallo normalmente può fare una sola figura alta
ed è impossibile mantenere oggi un cavallo in un circo per soli
pochi secondi di spettacolo, a parte le difficoltà estreme della
riuscita degli esercizi. Qualcosa si è potuto vedere nei circhi dei
Togni e in particolare nell'Americano, dove è rimasto
quell'impareggiabile ammaestratore e amante dei cavalli che è
Ferdinando Togni, purtroppo già molto avanti negli anni.. Per il
resto, attualmente si possono vedere begli esercizi al circo Knie
svizzero e in quello francese dei Gruss; raramente forse in qualche
altro. Il “Cirque Gruss à l'Ancienne" , un vero gioiello nel
suo genere, è stato ospite per poche presentazioni in Campo S.
Angelo, nel 1981, in occasione del rinnovato Carnevale di Venezia.
Un'altra attrazione che ha un aggancio
concreto con Trieste, per 1' origine dei cavalli che impiega, e cioè
sempre i Lipizzani, è il citato Carosello Storico dei carabinieri.
Anche per questo famoso Carosello, non è una dissacrazione dire che
la manifestazione è cara al mondo del circo, perchè è compendio,
anche se con uno scopo più esaltante, di tutti i lavori equestri e
le pantomime di cavalleria che venivano presentate una volta proprio
nei circhi-
Il “Carosello" è stato
presentato a Trieste, all'ippodromo di Montebello negli anni 1962,
1965, 1968. A Udine nel 1972 e l'ultima volta (a Campoformido) nel
1981.
Torino festeggia il bicentenario dell'Arma dei carabinieri (2014)
Dal libro "La grande cavalcata" di Giancarlo Pretini (del quale ho scritto qui) stampato nel 1984.
In questo libro l'autore racconta la storia del circo dalla metà del 1700 e la sua evoluzione nei 200 anni a seguire. Fu il cavallerizzo Philip Astley che nel 1768, a Londra , per primo pensò di esibirsi a pagamento nell'arte che aveva appreso nell'esercito inglese. In seguito a Parigi, a cavallo tra il '700 e l''800 , l'udinese Antonio Franconi, anche lui grande cavallerizzo, affermò questa nuova forma di spettacolo e lo chiamò 'Circo',
Tra le tantissime curiosità di questo testo ho trovato un capitolo molto interessante sulla storia del cavallo Lipizzano e sull'allevamento di Lipizza (meta di una mia recente visita), che riporto in questa prima parte, e della Scuola di Equitazione di Vienna alla quale dedichèro un altro post (qui).
Gli allevamenti di Lipizza
Lipizza è attualmente in territorio
sloveno, sull'altopiano carsico, alle Spalle di Trieste. Il suo nome
originario, Lipica, vuol dire 'piccolo tiglio'. Nonostante tutte le
sue vicissitudini politiche e territoriali, porta ancora indelebile
il marchio dei fasti asburgici. Nelle varie epoche fu sotto il
dominio dell'Impero Austriaco; poi dell'Italia, dal 1918 al 1945;
infine è stata assegnata alla Jugoslavia. In pochi anni,
precisamente ventisette, la popolazione della zona ha cambiato tre
differenti nazionalità e la località è stata via via trasformata.
Ma il fascino dei suoi cavalli e del suo habitat è ancora quello
dell'epoca viennese. Ci sono ancora infatti grandi scuderie e ampie
distese di prati disseminati di querce, dove regna sovrano e si
riproduce incontrastato il cavallo appunto di razza lipizzana.
Centinaia di cavalli, scuri alla nascita e bianchi candidi da adulti,
si offrono alla curiosità e all'ammirazione dei visitatori, liberi
sui prati e nei recinti. Tutto ciò a pochi chilometri dal confine
della Regione Friuli Venezia-Giulia; una vera e propria attrazione
unica nel suo genere, invidiata da tutto il mondo dello spettacolo e
dell'equitazione.
Nota personale: Posso confermare che appena si oltrepassa l'ingresso a Lipizza sembra di entrare in un altro mondo; una lunga strada ricca di sinuose curve, racchiusa da bianche staccionate di legno e affiancata solo da immensi prati, disseminati di querce, dove pascolano liberi centinaia di meravigliosi cavalli, accompagna il visitatore alle antiche scuderie. Uno spettacolo mozzafiato che mi fa fatto subito accostare e scendere per respirare a pieni polmoni l'aria di libertà, di felicità, di magia, di bellezza assoluta che questo posto emana. E' il ricordo più bello che ho conservato di questo viaggio ed ho tentato di fermare queste emozioni con delle foto, ma viverle è un'altra cosa!
Quella dei lipizzani è una razza creata dal
niente, nel corso di quattro secoli, appositamente per quelle che
erano le necessità dell'allora Corte di Vienna. Necessità pratiche
e coreografiche: per le pariglie da tiro delle carrozze, da sella per
i nobili e per gli ufficiali, per la cavalleria, per le parate e per
i giochi equestri. Perciò cavalli non molto grandi, con le groppe
possenti, con garretti forti e snelli e necessariamente col mantello
bianco per contrastare con i "legni", che a quel tempo
erano sempre scuri o con l'oro dei cocchi imperiali e con i colori
sgargianti delle divise. Sono cavalli alteri e mansueti; i più
apprezzati per le loro evoluzioni nei circhi equestri. Quando
scrosciano i battimani e gli occhi sono abbacinati dai caroselli di
quegli stalloni bianchi impennacchiati di rosso, giallo, oro e
scoppiano esclamazioni di ammirazione per la perfezione delle
``capriole", delle "levade" e di tutte le arie alte o
le figure più semplici dell'Alta Scuola, è perché nella pista di
segatura ci sono loro: i Lipizzani. Il profumo della segatura misto all'
odore dei cavalli è un connubio indissolubile del circo, e finché
ci sarà il circo ci saranno i cavalli e il loro re sarà sempre e
ancora il Lipizzano.
La discendenza ha una lunga storia;
essa è stata creata a partire dal 1580 ed a volerlo è stato
L'Arciduca Carlo, terzogenito dell'Imperatore Ferdinando Primo e
Reggente della Stiria e dell'Istria.
Probabilmente la località venne scelta
in quanto era territorio del Reggente e perchè sul posto dovevano
esserci eccellenti fattrici derivanti o rinsanguate da cavalli arabi,
retaggio delle invasioni turche del secolo XIV e XV.
Attualmente sono sei le maggiori
famiglie dei Lipizzani su cui si è svolta la migliore selezione;
tutte prendono il nome dagli stalloni loro capostipiti: Conversano,
morello di origine napoletana; quindi Favory e Maestoso; poi
Napolitano, anche questo di origine napoletana; Pluto, di origine danese e
Siglavy, di sangue arabo. Hanno una grande armonia di forme e da
adulti il loro colore può avere tutte le sfumature del grigio
chiarissimo, del bianco, anche con striature e venature, o ancora
possono avere mantelli diversi, ricordando che nascono scuri e da
continui incroci.
Quando si parla di allevamento dei
cavalli Lipizzani, non ci si deve fermare al centro principale di
Lipica che ha dato il nome a quei cavalli; infatti pressoché tutti i
cavalli della zona, allevati in molti cascinali e fattorie, sono
lipizzani. Servivano e servono anche per il trasporto e per lavorare
la terra. In tutto 1' altopiano la razza è diffusa ed è facile
incontrarli sulle strade, tra i boschi rossastri, nella penombra
squarciata a tratti dai raggi del sole.
Comunque, anche se gran parte degli
impianti negli ultimi anni è stata rinnovata, a Lipizza restano
delle stalle antiche e in alcune architravi e sui vecchi portali
d'ingresso vengono accuratamente conservate le iscrizioni risalenti
ai primi anni del 1700.
Foto fatta durante le mia visita a Lipica
I cavalli sono allevati in singoli
stalli e con il cartiglio della discendenza bene in vista; c'è un
grande campo per il maneggio all'aperto e un grande edificio per le
esibizioni dell'Alta Scuola e per la scuola di equitazione, con la
possibilità di fare cavalcate tra i boschi; ci sono anche carrozze
con tiri a quattro e vetturino con cilindro e redingotte per fare
suggestive passeggiate.
Dopo la prima guerra mondiale e il
disfacimento dell'Impero Austro-Ungarico, l'allevamento di Lipizza è
passato all'Italia; la; da esso furono attinti i cavalli bianchi di
parata, quelli per i corazzieri e soprattutto quelli per l'arma dei
Carabinieri e per il loro favoloso 'Carosello Storico', tanto che nel
1947 venne costituito l'allevamento specializzato di Fara Sabina
presso Roma.
Con una parte dei cavalli però
l'Austria creò un suo nuovo allevamento, a Piber presso Graz, in
particolare per le esigenze della "Cavallerizza" di Vienna.
Anche la Jugoslavia, sempre con esemplari provenienti da Lipizza, ne
ha creati altri in Croazia e in Macedonia. Ci sono anche altri
allevamenti di questa razza, ma quello di Lipizza resta il più
famoso. Ricordiamo tuttavia quello che era stato attivato ad Adis
Abeba per gli usi della Corte di Hailè Selassiè e, buon ultimo,
quello che sta organizzando l'Austria, con personale ed animali
provenienti da Piber, nell'oasi di Djarab, nell' Arabia Saudita.
Potenza dei petroldollari. Questo nuovo allevamento chiuderà un
ciclo iniziato quattrocento anni fa; infatti la razza lipizzana è
nata sull'altopiano carsico, proprio perché c'erano fattrici
rinvigorite da sangue arabo; ora ora questa stessa razza, dopo
quattro secoli, andrà ad alimentare i purosangue arabi.
Gli allevamenti in Europa -foto mia
Nel 1963 i 162 cavalli degli
allevamenti di Lipica e di Dakovo sono stati protagonisti del film di
Walt Disney "Il miracolo degli stalloni bianchi" (da noi il
titolo era "L'ultimo treno"), girato vicino a Vienna, a
Bonek, sui campi della Leitha. Il film rievocava la vicenda in cui il
generale americano Patton, sul finire della Seconda Guerra Mondiale,
rischiando di sua iniziativa e con un'azione a sorpresa che a quel
tempo fece scalpore, riuscì a salvare gli allevamenti dei Lipizzani.
I Tedeschi avevano depredato gli allevamenti di Lipizza e della
Macedonia, nonché quello austriaco di Piber e avevano concentrato
gli animali a Hosten, in Cecoslovacchia. Nel momento del disfacimento
dell'esercito tedesco e dell'occupazione di quel territorio da parte
delle truppe dell'URSS, il generale Patton recuperò dunque i
cavalli. Naturalmente poi questi furono restituiti alle proprie sedi,
facilmente identificabili attraverso i marchi che essi portavano.
Parole sante di La Gueriniere nel suo libro "Scuola di Cavalleria":
"L'opinione di coloro che tengono in
nessun conto la teoria nell' arte di montare a cavallo , non mi
tratterrà dal sostenere essere questa una delle cose le più
necessarie per giugnere alla perfezione. Senza questa teoria la
pratica è sempre incerta. Convengo che in un esercizio ove il corpo
ha tanta parte, la pratica debb' essere inseparabile dalla teoria ,
perciocchè essa ne fa scoprire la natura, l'inclinazione e le forze
del cavallo; e con questo mezzo si disotterra , per così dire , la
sua forza e la sua gaiezza sepolte , in certo qual modo , nel torpore
delle sue membra. Ma affine di arrivare all'eccellenza di quest'arte,
bisogna necessariamente essere preparato a vincere le difficoltà
della sua pratica con una teoria chiara e solida. La teoria ci
insegna ad agire dietro buoni principii; e questi principii, in luogo
d'opporsi alla natura , devono servire a perfezionarla col soccorso
dell'arte. La pratica ci rende facile l'eseguire ciò che ci insegna
la teoria; e, per acquistare questa facilità, bisogna amare i
cavalli, essere robusto e ardito, ed avere molta pazienza. Sono
queste le principali qualità che costituiscono il vero cavallerizzo."
lo stesso concetto espresso da Nuno Oliveira :
"Montare spesso senza lasciare che i libri prendano polvere"
Salomon de La Broue (1552-1602 approssimativamente), gentiluomo francese nato a Guascogna, in giovane età si recò in Italia per imparare i principi dell'equitazione alla Scuola
napoletana sotto gli insegnamenti del maestro Pignatelli. Qui ci
rimase per cinque anni e poi fece ritorno in Francia diventando
écuyer del re Enrico IV .
Come fece Pluvinel, anch'egli allievo
di Pignatelli, portò gli insegnamenti della scuola italiana in
Francia e per questo viene tuttora considerato un pioniere
dell'equitazione francese.
Contrario all'addestramento duro
utilizzato nella Scuola napoletana, egli sosteneva l'importanza di un
rapporto con il cavallo basato sulla compresione, nel rispetto
dell'integrità fisica e morale dell'animale. Promuoveva
l'addestramento improntato alla dolcezza, alla persuasione e alla
pazienza:
"Se un
cavallo è restio per essere stato troppo castigato o costretto,
occorre tanta dolcezza e pazienza come se fosse un puledro."
Proprio
come un etologo, cercava la spiegazione di paure, rifiuti, stati
d'ansia dei cavalli nei loro comportamenti naturali libertà.
Sviluppò e affinò le sue competenze nell'addestramento
anteponendo sempre il benessere del cavallo a qualsiasi esercizio e
cercando costantemente la “leggerezza' nella sua arte, derivato dall'uso leggero, dolce e sapiente della mano, aiutata dall'assetto stabile e dall'accordo con le gambe. Era contro l'uso
eccessivo degli speroni e di morsi troppo duri a favore del filetto.
"Leggerezza
in bocca è un prerequisito per la leggerezza complessiva del cavallo
"
Fu autore del primo trattato francese
di equitazione, "Le Cavalerice Francois", pubblicato
nel 1593.
In questa opera La Broue utilizza molti termini
derivanti dalla lingua italiana perchè li riteneva più appropriati e
significativi, infatti scrive:
“Poiché
nella lingua francese quest’arte difetta di termini appropriati, ho
fatto ricorso alla lingua italiana, sia perché i Cavalieri ne fanno
un uso più comune, sia anche perché i termini italiani hanno un
non so che più gagliardo, sono più significativi, e possono
spiegare il significato con una sola parola, mentre ne
occorrerebbero diverse per farlo capire in francese. Nondimeno,
poiché queste parole e altre dell’arte non sono conosciute da
tutti i Francesi, li ho voluti sollevare da questa pena con la
seguente interpretazione”
La
parola 'cavalerice',
che usa nel titolo, deriva dall’italiano cavallerizzo o
cavallarizzo. E' l'equivalente della parola francese 'écuyer'
che
però può assumere significati diversi ad esempio:
écuyer
de cusine
è primo ufficiale della cucina del re o di un principe
écuyer
tranchant è
colui che taglia la carne
écuyer
de bouche
è colui che serve alla tavola de re
écuyer
de main,
colui che dà la mano a un principe o a una principessa per scendere
da una vettura
Scrive
Le Broue:
“se
la parola escuyer non significasse altra cosa in Francia che buon
uomo di cavalli me ne sarei servito. Ma siccome si può adattare a
molti altri significati ho trovato più rapido usare una parola
straniera, avendo anche avuto il consiglio di alcuni amici molto
capaci in quest’arte”
Elenca
poi quarantotto parole italiane 'francesizzate' con a fianco la loro
spiegazione:
Molte
parole che oggi si usano in equitazione derivanti dal linguaggio
equestre francese in realtà sono la 'traduzione'/rielaborazione di
termini italiani passati in Francia durante il Rinascimento.
I trattati di La Broue e di Pluvinel
sono il fondamento della dottrina francese, che verrà, nel corso
degli anni, migliorata e perfezionata fino ad arrivare al capolavoro
di François Robichon de La Guérinière, Ecole de Cavalerie.
Nella sua opera, La Gueriniere, fa spesso riferimento a De La Broue e ai suoi principi, e così comincia la sua "Scuola di Cavalleria":
"Capo Primo: Perchè vi sono tanto pochi uomini periti nell'arte di formare buoni cavalli, e delle qualità necessarie per acquistarla.
Tutte le scienza e tutte le arti hanno dei pricipii e delle regole, col di cui mezzo si fanno delle scoperte, che conducono alla loro perfezione...
I nostri gran maestri dell' arte, che
hanno fatto parlare tanto di sè nei tempi felici della cavalleria, e
di cui si piange anche adesso la perdita, non ci hanno punto lasciate
delle regole che ci ammaestrassero in ciò che eglino avevano
acquistato con una applicazione non interrotta, secondata da felici
disposizioni , avvivata dall'emulazione di tutta la nobiltà, ed
animata dalla vista di una ricompensa inseparabile dal vero
merito....
Privi di questi vantaggi, noi non
possiamo cercare la verità che nei principii di quelli che ci hanno
lasciato in iscritto il frutto de' loro travagli e de' loro lumi. Tra
un numero assai grande di autori, noi, secondo l' unanime opinione di
tutti i competenti, non ne abbiamo che due , le cui opere sieno
stimate, il De La Broue ed il Duca di Newcastle.
Il sig. De La Broue viveva sotto il
regno di Enrico IV. Egli ha composto un' opera in foglio che
comprende i principii di Giovanni Battista Pignatelli suo maestro, il
quale teneva accademia a Napoli. Questa scuola godeva di così grande
riputazione , che era considerata la prima del mondo. Tutta la
nobiltà di Francia e di Allemagna, che voleva perfezionarsi nella
cavallerizza, era obbligata ad andare da questo illustre maestro a
prendere lezione.
Il Duca di Newcastle dice che il De La
Broue ha portate le sue lezioni ad un grado sì alto di perfezione,
che bisogna essere consumato in questo mestiere onde praticarle.
Questo elogio, benchè un poco critico, non lascia di provare
l'eccellenza di questo autore."
Non essendo io in grado di leggere il libro di De La Broue, ma solo ammirarne le splendide immagini, vengo a scoprire proprio dall'opera di La Gueriniere alcuni pensieri espressi dal cavallerizzo guascogano:
Parti con il sole dentro e improvvisamente e inspiegabilmente si spegne. Ma perchè??? Effetto eclissi???
"Ma perché il sole ci rende felici?
Recenti ricerche nel campo della
psiconeuroimmunologia hanno dimostrato che la luce solare, e soprattutto
quella del mattino, sarebbe un'ottima stimolatrice di alcuni meccanismi
biologici che appunto influiscono sensibilmente sul nostro umore. La
luce solare favorisce infatti l'attivazione del sistema neuroendocrino e
dell'asse ipotalamo- ipofisi-tiroide-surrene con una conseguente
sensazione di benessere che in alcuni casi arriva a coinvolgere anche
l'intero stato di salute del nostro corpo. Al contrario l'oscurità e quindi la
mancanza di sole agirebbero sull'individuo stimolando sensazioni e stati
d'animo negativi, a volte dall'effetto addirittura paralizzante, come
angoscia, pessimismo e ansie."
Cara Luna ci hai provato ad oscurare il mio Sole ... ma un bel galoppino all'aria aperta è in grado di scacciare qualsiasi "luna" anche quelle inspiegabili ... non c'è spazio per gli stati d'animo negativi!!!